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Sono normale?
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Sono normale?

Domande da fare ai dati, come insegna Mona Chalabi

Donata Columbro
Mar 30
11
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Sono normale?
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Ho smesso di farmi questa domanda tanto tempo fa. Sono al secondo giro di psicoterapia della mia vita, ricordo che al primo chiedevo spesso alla terapeuta “ma è normale tutto questo, è giusto sentirsi così, anche altri provano queste cose?”. È stata così brava (lo siamo state) a decostruire questi dubbi che anche nei periodi più difficili mi risparmio la doppia sofferenza di capire se in me ci sia qualcosa di anomalo (certo, l’obiettivo è arrivare al livello di indifferenza di Logan Roy, 80enne multimiliardario, cattivissimo personaggio di Succession, ma la strada è lunga e comunque manca un substrato di evilness a cui non credo/voglio di poter arrivare).

Am i normal, sono normale? è però anche la domanda che dà il titolo a un podcast di TED Audio Collective curato da Mona Chalabi, data designer per il Guardian versione US.

Chalabi è un punto di riferimento della visualizzazione dati disegnata a mano, che lei persegue per due motivi, principalmente:

  1. Per smorzare il rigore associato ai grafici e ai dati, evidenziare l’incertezza con i tratti disegnati a mano, e far capire che un grafico può raccontare una storia imperfetta.

  2. Avvicinare le persone ai numeri, soprattutto quando raccontano storie di ingiustizia sociale e discriminazioni.

(Qui sotto: persone a rischio sfratto a New York, in base alla propria origine)

In ogni puntata del podcast Chalabi si confronta con una domanda sulla “normalità” o sullo stato dell’arte di una situazione, a cui risponde grazie a i dati. Per esempio, in un episodio che sarebbe stato perfetto da citare nel mio Binari #1, affronta il problema delle “check boxes”, le caselle di spunta presenti nei questionari, cioè le domande con poche opzioni, chiuse, che non permettono di raccogliere dati accurati sulla varietà di situazioni che può presentare un contesto o che riguardano una persona.

Ne parla con lə drag queen non binary britannicə di origini irachene Amrou Al-Kadhi, in relazione al censimento negli Stati Uniti, ma inizia citando un’esperienza di lavoro in Giordania: si trovava nel paese per collaborare con una organizzazione che aveva raccolto dati sui bisogni primari dei rifugiati dall’Iraq, che avrebbe dovuto utilizzare per creare visualizzazioni e report da mostrare a futuri donatori. Uno dei questionari più importanti chiedeva ai beneficiari del progetto “di cosa hai bisogno, coperte o cibo?”

One day some of the people who were conducting these surveys flew into Amman for a conference. I’ll never forget that I was sitting in this hotel conference room when this tall Kurdish guy in a dapper tan suit came over to me and said: “You know it’s all wrong, right? The data is all wrong.”

Un giorno alcune persone che stavano conducendo queste survey venne ad Amman per una conferenza. Non dimenticherò mai che stavo seduta in questa sala conferenze dell’hotel quando questo ragazzo curdo, alto, in un completo marrone chiaro, venne da me e mi disse: “Lo sai che è tutto sbagliato, vero? Tutti i dati sono sbagliati."

I was confused. He explained, “Well, your questions asked if people needed blankets or food. But what they actually need is electricity generators. But that just wasn’t an option on the survey.”

Ero confusa. Si spiegò meglio: “Be’, nelle vostre domande chiedete alle persone se hanno bisogno di coperte o di cibo. Ma quello di cui hanno veramente bisogno sono generatori di elettricità. Solo che non era un’opzione prevista.

So the Iraqis were checking the boxes that were available to them. And the data we had—all that money that was spent on blankets and food—it was kind of missing the point.

I profughi iracheni stavano mettendo una crocetta nelle caselle disponibili. I dati che avevamo - tutti quei soldi spesi per coperte e cibo - stavano in qualche modo mancando il punto.

Bisogni non mappati, persone escluse dall’aiuto di cui avevano davvero bisogno.

Nel 2020 invece Chalabi stava lavorando ai dati sul censimento degli Stati Uniti quando si accorge che non è prevista la possibilità di indicare la categoria “arabo” nella sezione relativa alla “razza” di appartenenza. L’unica possibilità per persone come lei, di origini irachene, e per tutte le persone provenienti dal Nord Africa e da paesi arabi, è selezionare “white”, “razza bianca”, oppure semplicemente “altro”. Nel 2015 uno studio aveva proposto di aggiungere la categoria “Mena” ("Medio Oriente e Nord Africa”) oltre a “black”, “hispanic” e “white” ma venne deciso di non apportare alcun cambiamento nel questionario ufficiale del censimento. Crescere e vivere nella società selezionando la casellina “altro”, senza poter essere identificati correttamente secondo la propria identità (di genere, di razza, ecc), implica l’esclusione e la messa ai margini di default. Perché le statistiche prodotte con i censimenti servono a decidere le spese di stato, dove allocare fondi, eventualmente individuare problemi e situazioni a rischio.

E un’indagine che si tiene ogni 10 anni, se non riflette velocemente i cambiamenti della società, rischia di continuare a escludere le persone che restano fuori dalle “scatole”.

Sono normale? Se non rientro dentro nessuna etichetta, forse non lo sono?

In una puntata sulla fertilità, a interrogarsi sulla propria normalità è l’ospite Joe Osmundson, microbiologo e scrittore, ossessionato fin da bambino con l’idea di avere figli. Come probabilmente sapete o immaginate, la maggior parte degli studi sulla fertilità fino a oggi mettono al centro del problema della natalità l’apparato riproduttivo femminile, pochissimi considerano l’età del padre per esempio, e uno studio citato nel podcast indica che in un quarto dei casi in cui le coppie hanno problemi di concepimento l’analisi dello sperma dei padri non viene nemmeno presa in considerazione.

Per Osmundson, assicurarsi di poter avere figli anche senza partner e in tarda età, diventa un’avventura. Non ci sono dati a sufficienza per metterlo dalla parte di chi è normale che desideri interessarsi alla sua capacità riproduttiva: il tema è l’elefante nella stanza e lui la persona fuori contesto, anomala, che vuole partecipare a studi sull’infertilità maschile e congelare il proprio sperma per concepire quando incontrerà la persona giusta con cui mettere su famiglia.

Non voglio riportare l’intera puntata qui, ma invitarvi ad ascoltare le altre: alcune sono diventati piccoli video sul sito di TED.

Pensando alla “anormalità” in realtà non si può non pensare al privilegio di rientrare in quelle scatole.

Restarne fuori, perché si ha un orientamento, una pelle, un corpo “non conforme”, vuol dire lottare costantemente per essere visti:

Avrei voluto scrivere questa newsletter sui talk bellissimi visti e ascoltati a TEDxCuneo, dove sono stata sul palco a presentare 3 ospiti. Poi è arrivata Mona Chalabi, di cui stavo cercando alcune viz da inserire nelle mie slide.

Ma in un certo senso è anche una newsletter su Cuneo, sulle persone che spesso non rientrano in quelle check boxes, le caselle di spunta di un questionario: un’edizione dal tema Ubuntu (umanità) che ha invitato la prima donna trans a evento di TEDx in Italia, ha dato la parola a una scrittrice che ha smontato l’industria dei media di fronte alla scarsa rappresentazione delle persone disabili, ha portato sul palco un’imprenditrice nera che parla di finanza e community, e moltə altrə. Il mondo cambia più velocemente delle caselle di spunta di un censimento.


Fosforo - Dona a UNHCR per ricevere una super newsletter

Aurora Ghini si è inventata una modalità editoriale di raccolta fondi per l’accoglienza dei rifugiati: è Fosforo, una newsletter scritta da 15 autori e autrici, tra cui ci sono anche io, che arriva dal 1 aprile solo dopo una donazione all’Agenzia ONU per i rifugiati, che puoi fare da qui.

C’è l’emergenza Ucraina, sì, ma non solo, e questa storia (è un video) della giornalista Rai Veronica Fernandes dal confine con la Polonia è una bella sintesi della politica migratoria europea degli ultimi anni.

(Il motivo per cui ho saltato l’ultima newsletter è proprio questo, ma se ti iscrivi a Fosforo una settimana ne ricevi 2 :)


Ti Spiego Il Dato Tour

  • È uscita l’intervista che ho registrato per il podcast That’s Y, con Giulio Beronia, che si occupa di risorse umane e inclusione generazionale: lo ringrazio tantissimo perché mi ha fatto dire cose utili sull’importanza del saper leggere e interpretare i dati per trovare lavoro.

  • Il 6 aprile alle 17 sono a Bologna con persone incredibili come Michele Mauri, direttore scientifico di DensityDesign Research Lab e Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, artisti e fondatori di HER-SHE LOVES DATA, per parlare di data viz all’evento 𝗙𝗥𝗢𝗠 𝗞𝗡𝗢𝗪𝗟𝗘𝗗𝗚𝗘 𝗧𝗢 𝗪𝗜𝗦𝗗𝗢𝗠, 𝗔𝗡𝗗 𝗕𝗔𝗖𝗞! Qui maggiori info e prenotazioni.

  • Il 30 aprile presento il libro a Roma in presenza, ma non ho ancora il link :)

Vuoi portarmi da qualche parte, anche online? Scrivi a info@donatacolumbro.it

Vuoi fare un workshop con me? Scrivimi, stesso indirizzo :)

Per i corsi della Dataninja School invece c’è uno sconto del 15% se usi TISPIEGOILDATONINJA


Oggi sono stata lunga, ho saltato il boxino dei fatti miei di cose lette, viste e ascoltate ma avremo tempo di tornarci su.

A mercoledì prossimo!

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